> Non rammento come in origine mi sia imbattuto nel Soylent, un cibo in polvere ideato in California e contenente la dose giornaliera di tutte le sostanze nutritive essenziali per la sopravvivenza. Quel che ricordo è che rimasi affascinato da questa sua mira minimalista: se abbiamo bisogno di tot carboidrati, proteine, grassi, fibre, sale, vitamine e minerali al dì, perché mangiare sempre per gola e poi lamentare effetti negativi sulla salute? Non sarebbe forse meglio assumere quotidianamente questi nutrienti sotto forma di “pillola magica”? Certo, una miscela d’acqua e formula insapore riduce il piacere del mangiare, ma è senza dubbio una soluzione semplice e sana e, sulla carta, anche rapida ed economica.
L’idea di testare sulla mia pelle il fantomatico Soylent rimase a lungo chiusa in un cassetto, fino a quando non si presentò un’occasione favorevole alla sua implementazione: il mio bikepacking solitario in Islanda. Di fatto lassù sfamarsi è piuttosto costoso, inoltre avrei trovato pochi luoghi di ristoro lungo la mia strada; decisi così di portare da casa un numero di buste sufficiente a coprire due intere settimane di viaggio. Purtroppo Soylent non spediva in Europa (neppure tuttora), pertanto ripiegai sulla più nota alternativa dal vecchio continente: Jimmy Joy, inizialmente chiamata Joylent (facile intuire il perché del cambio di nome). In quanto intollerante al lattosio, acquistai 17 buste della versione vegana: cinque senza zucchero e sapore e tre per ogni aromatizzazione ai tempi presente, ovvero vaniglia, cioccolato, fragola e banana. Nel caso di un’eccessiva stucchevolezza dei quattro gusti, li avrei alternati con una razione di formula neutra capace di desensibilizzare il palato… questo il mio ragionamento.
 

Prima Esperienza

Avevo comprato tre confezioni in più del necessario per preparare il mio organismo alla nuova alimentazione nei tre giorni appena prima della partenza. Provai vaniglia, cioccolato e fragola poiché a naso mi sembravano gli aromi a maggior rischio voltastomaco, tuttavia non li trovai disgustosi ma semplicemente noiosi; era come bere lo stesso identico litro di frappè a colazione, pranzo e cena (con simili, previste, conseguenze gassose). Un sacrificio accettabile, per l’Islanda.
Curiosamente, uno zaino imbottito con 14 panetti di polvere destò sospetti soltanto all’aeroporto di Linate, mentre nessun test antidroga ad Heathrow; ad oggi non mi so ancora spiegare perché. In ogni caso, sul campo islandese, Jimmy Joy si comportò in generale molto bene: chilometri in bici, ricarica d’acqua ad una cascatella, tre misurini e mezzo di formula e bon, 700 kilocalorie d’energia pronta da consumare fino alla pausa successiva. Quando si ha davvero fame, la monotonia passa in secondo piano… ma evidentemente non la repulsione evocata dal gusto banana e neutrale: il primo troppo artificiale, il secondo troppo da gessetto bagnato; riuscii a bere solo due borse per genere. Le quattro restanti rimpatriarono con me (senza problemi né a Keflavík né ad Heathrow) e le impiegai come surrogato della farina nella produzione di ottimi esemplari di banana bread, ricoperti di abbondante Nutella. Dopotutto, lasciandole indietro, alla fine avevo assunto solo 1.500 kilocalorie al giorno, quindi avevo perso ben cinque chili di peso.
 

Seconda Esperienza

Qualche mese più tardi, forse per via di una forte nostalgia d’Islanda, mi venne una voglia assurda di Jimmy Joy; del tipo che rievocavo mentalmente la goduriosa sensazione degli aromi in bocca, manco fosse davvero una droga. Inoltre, al mio rientro in Italia, mi ero accorto di avere una pelle ora del tutto priva di imperfezioni, fatto che avevo sempre attribuito ad una sua qualche facoltà disintossicante. Per questi motivi acquistai 19 buste della formula revisionata, adesso caratterizzata da una polvere più fine, un sapore più naturale, più carboidrati e meno proteine: cinque alla vaniglia, cinque al cioccolato, tre alla fragola e tre per ciascun nuovo gusto, ossia mango e caffè. Ero sì disposto a rischiare con quest’ultimi, ma niente più banana e neutrale, per l’amor del cielo.
Non più vincolato alla necessità di aprire una sola confezione alla volta per minimizzare i rischi di spargimenti di polvere nello zainetto, decisi di concentrarle tutte in due settimane; in tal modo l’apporto calorico giornaliero sarebbe aumentato di 750 kcal (cioè da 2100 a 2850), perfetto per il mio stile di vita attivo. Per di più, avrei potuto anche variare i sapori durante i tre pasti, secondo la seguente assegnazione: a colazione caffè e mango, a pranzo vaniglia e fragola, a cena cioccolato e ancora mango. E così feci.
Considerato che consistenza e gusto erano in effetti leggermente migliorati, l’esperienza sarebbe stata pure piacevole, se non fosse per un aspetto in apparenza irrilevante: laddove in Islanda mangiavo da solo, in Italia mi siedo a tavola coi miei. Di conseguenza, il confronto visivo ed olfattivo fra un blando beverone e il nostro cibo abituale fu oltremodo impietoso; liquidino marroncino o spaghetti al pomodoro, cotolette con patate al forno, fusilli con zucchine, pizza alla diavola? Ogni sorso divenne atroce e l’atto di nutrirsi una vera sofferenza, tanto che non vedevo l’ora di ultimare quei dannati quattordici giorni. Nessuno mi stava costringendo a continuare, ma ora era diventata una sfida contro me stesso, e l’avrei vinta ad ogni costo.
Al tramonto del quindicesimo giorno, realizzai che Jimmy Joy aveva prodotto due risultati positivi, dopotutto: la semplicissima pasta al sugo pronto di mezzodì l’avrei ricordata come la migliore di sempre e tutti i brufoletti erano straordinariamente scomparsi.
 

Conclusioni

A mio avviso, Jimmy Joy ed affini sono prodotti utili soltanto per chi vive da solo e non ha tempo di preparare e consumare cibo normale. Se non vive da solo, rimpiangerà le pietanze altrui; se ha tempo, tanto vale imparare a cucinare piatti sani e completi. Sono una soluzione valida anche in situazioni particolari, come appunto viaggi on-the-road oppure esigenze di regolazione fine del peso corporeo.
Per quanto riguarda la supposta convenienza, credo dipenda dalle proprie abitudini alimentari: sussiste sicuramente una differenza significativa fra chi predilige mangiare fuori e comprare piatti pronti e chi preferisce sfamarsi a casa e fare una spesa accorta. A termini di paragone, includo due dati relativi alle mie esperienze:

  • (17x) Jimmy Joy a 104,04€: costo al giorno di 6,12€ – costo al pasto di 2,04€.
  • (19x) Jimmy Joy a 103,78€ (scontati di 12,5€): costo al giorno di 5,46€ – costo al pasto di 1,82€.

Cosa ne pensate?

P. S.
Se pure voi voleste provare Jimmy Joy, potete ottenere uno sconto di 10€ completando un ordine di almeno 50€ attraverso questo mio referral link. In cambio riceverò anche io uno sconto di 10€, cosicché potrò testare l’ennesima nuova formula e pentirmene un’altra volta.
Mi sta ritornando voglia, pazzesco.

Me

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